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Contributo inviato da Simona Viola
Desidero ringraziare chi sta lavorando con tenacia e pazienza per cercare di definire le regole del soggetto politico +Europa all’indomani delle elezioni e nell’inedito quadro politico in cui ci troviamo.
Dunque grazie a Emma, a Marco Cappato così come a Lorenzo Strik Lievers e Olivier Dupuis anche per la bozza di statuto che è circolata tra tutti.
Desidero rispondere alla sollecitazione di Riccardo e Sivja e dare il mio modesto contributo al lavoro in corso svolgendo qualche considerazione.
L’instabilità della situazione e’ massima: quand’anche Lega e M5S chiudessero un accordo di governo le probabilita’ di durata dell’esecutivo appaiono davvero minime. Occorre fare in fretta perché le elezioni anticipate sopraggiungeranno presto, prestissimo forse, e gli scontenti di questi osceni due mesi post elettorali, l’elettorato che si era astenuto, devono poter contare sul (e concorrere al) consolidamento di +Europa per imprimere un deciso dietrofront alla direzione che sta prendendo il Paese.
Pur condividendo le parole di Emma sulla cautela e sulla attenzione necessarie, non possiamo tuttavia non tenere in considerazione gli acceleratissimi tempi della politica presente.
Desidero in questo quadro esprimere qualche motivata perplessita’ sul modello statutario ipotizzato.
Non credo infatti che la federazione di forze politiche – cosi’ come mi sembra che si stia prefigurando – sia lo strumento piu’ adatto di cui dotarci.
Lo Statuto che è circolato sostanzialmente disegna un sistema così riassumibile: i tre partiti fondatori si dividono la rappresentanza negli organi interni, proporzionalmente al numero dei rispettivi associati, ed è riconosciuto anche spazio a una quarta componente, costituita dagli aderenti singoli, cui spetta una porzione di rappresentanza anch’essa proporzionale al numero di aderenti che si siano organizzati per “coordinamenti”.
Dopo la fondazione potranno aderire anche altre forze politiche gia organizzate.
A me pare che questo modello si traduca sostanzialmente in un sistema di correnti organiz
Il dibattito politico interno non potrà non essere condizionato e viziato da questa “doppia” identità degli aderenti e dunque si ingesserà e perderà autenticità e fluidità.
Per esempio chi di noi dovesse casualmente riconoscersi, in una specifica occasione, maggiormente nella posizione politica espressa da Benedetto o Bruno piuttosto che in quella proveniente dalla componente di Radicali Italiani farebbe certamente più fatica ad esprimersi con la libertà dovuta, perché ciò significherebbe discostarsi dalla posizione ufficiale della corrente di appartenenza ed esporsi alla critica di essere sleali o anche solo di indebolire i rapporti di forze interni.
In tal modo non daremmo vita a un dialogo fra persone e fra pari, ma principalmente alla ricerca di un punto di mediazione tra posizioni politiche che si sarebbero formate altrove, cioè nelle segreterie dei tre partiti fondatori.
Il che si tradurrebbe in un deficit di autorevolezza e credibilità di + Europa all’esterno: le altre forze politiche infatti saprebbero che gli organi rappresentativi del partito sarebbero comunque espressione delle segreterie dei partiti fondatori.
Queste dinamiche farebbero inoltre avvertire un senso inevitabile di marginalizzazione al gruppo degli aderenti “singoli”, che sarebbero portati a considerarsi non dei “pari” ma dei “paria” rispetto agli iscritti ai partiti fondatori nelle cui segreterie passa molto di quanto vien deciso.
Penso che queste stesse dinamiche avrebbero l’ulteriore effetto di disincentivare l’adesione (invece quanto mai auspicabile) di esponenti politici provenienti da forze diverse, i quali avvertirebbero la statutaria impossibilità di +Europa di accoglierli da “pari” e il destino di marginalità loro aprioristicamente riservato.
La dinamica delle correnti organizzate non ricordo, nella storia dei partiti, che abbia di per sè concorso ad un arricchimento politico rispetto a quello conseguente al confronto fra persone, ma mi sembra che sia sempre valsa solo a introdurre dinamiche di fedeltà, tradimenti, gelosie, vendette e competizioni, cioè a una sottrazione di risorse.
Penso alla inevitabile corsa al tesseramento delle forze politiche fondatrici per poter pesare di più in +Europa; ma per pesare di più (non servono “tessere” ma) occorrono invece idee, progetti, iniziative vincenti e convincenti oltre a carisma e alle qualità umane che sappiamo necessarie ai dirigenti politici (di cui abbiamo grande necessità).
Le correnti generano forze centrifughe, aumentano i centri di potere e di interesse, sottraggono autenticità al dialogo, tendono a premiare la fedeltà e la appartenenza e non il merito, in una parola non uniscono ma dividono.
Insomma temo che +Europa corra il rischio di nascere asfittica, zavorrata, indebolita con regole interne inidonee a priori a generare quella aggregazione ad amplissimo spettro che costituisce la sua ambizione politica.
Aggiungo che tali regole non ci aiuterebbero a superare e vincere la nostra tendenza al settarismo, che spesso Gianfranco giustamente ci rammenta essere uno dei peggiori limiti e difetti della nostra micro-comunità.
E sotto questo profilo mi sembra significativo che dal 4 marzo ad oggi abbiamo/avete discusso di iniziativa politica (dietro la forte sollecitazione di Marco Cappato in tal senso, sulla quale dirò qualcosa in chiusura) ma la discussione non sembra avere sin qui avvicinato altre persone, così come sarebbe stato invece ragionevole attendersi in un così caotico momento di rimescolamento come quello attuale.
Credo che intorno a noi, almeno sino ad oggi, non sia stato avvertito il tentativo di costituire un soggetto nuovo e apertissimo (a chiunque condivida l’analisi politica di fondo sul presente e i tre fondamentali: rafforzamento delle istituzioni europee, difesa del modello di democrazia liberale, verità e serietà sui conti pubblici). Temo che lo slancio – di natura necessariamente minimalista – del patto elettorale non stia avendo un rimbalzo dal respiro necessario ad attrarre risorse ed energie che vadano oltre i nostri iscritti: i simpatizzanti di +Europa al momento sono esclusi da un dibattito che è tutto interno alle tre forze politiche fondatrici.
Eppure ci siamo dati l’obiettivo di una amplissima aggregazione, dobbiamo stimolare l’impegno politico nella società, dobbiamo scoprire e far emergere nuove personalità che si candidino a dirigere il Paese.
Se la risposta risiede nel timore che RI perda visibilità o ragion d’essere di fronte all’imporsi di +Europa, determinandone l’erosione e il rischio di scomparsa a me pare tuttavia che il modello federativo accentui, invece di ridurre, questo rischio.
Infatti se +Europa funzionasse e fosse percepita come la somma federata di forze diverse, l’identità di quelle forze combacerebbe con quella del partito nuovo, scolorando: agli occhi di cittadini e elettori +Europa costituirebbe più una fusione tra le forze fondatrici che una federazione tra loro e RI si ridurrebbe a corrente organizzata di +Europa.
E siccome ognuna di tali forze dovrebbe contemporaneamente combattere per riaffermare la propria identità e diversità per non scomparire, ma anche per pesare internamente a +Europa, vedo il rischio che tale conflitto si trasferisca nel confronto interno a +Europa dove RI potrebbe, per esempio, essere tentata di provocare i partner sugli obiettivi (o le prassi) politici che non sono comuni, invece di continuare a coltivarli autonomamente e accettare di condividerne solo altri.
Insomma per paura di scomparire rischiamo di trasformarci da partito a corrente di partito, ma sarebbe una metamorfosi che equivarrebbe comunque alla scomparsa del soggetto che oggi siamo, rappresentiamo e vogliamo continuare ad essere.
Penso che la aggregazione tradizionale in un partito formato da persone e non da forze organizzate rappresenti un modello più adatto.
Sia perché eviterebbe i rischi descritti, sia perché RI resterebbe integra e inequivocabilmente altra poten
Senza contare che se le adesioni fossero personali ciascuno risponderebbe per sé della propria adesione anche internamente a RI, recidendo sul nascere ogni ragione di polemica riguardo alle direzioni e alle scelte che +Europa deciderà di intraprendere: chi vuole aderisce e chi non vuole resta fuori, chi vuole se ne andrà e chi non vuole resterà. Inutile dire, invece, il grado di complessità che accompagnerebbe l’allontanamento di una delle forze politiche fondatrici.
Un’ultima notazione sull’invito di Marco Cappato (se ho ben capito) a non far seguire la costituzione di +Europa, ma a farla precedere alla individuazione, condivisione e coltivazione con i compagni di strada di una serie di iniziative politiche, nella prospettiva di evitare di costruire un veicolo politico solo formale e “vuoto”.
Capisco naturalmente e condivido la preoccupazione di Marco e tuttavia desidero richiamare l’attenzione sul fatto che occorre non confondere l'”iniziativa politica” con la “prassi politica”: ai nostri nuovi compagni di strada possiamo chiedere di condividere posizioni politiche in ordine, per esempio, alla necessità di schierarsi a fianco dei dissidenti politici nei paesi dell’Unione dove le libertà politiche fondamentali non sono rispettate, e di assumere le iniziative politiche ritenute più opportune ed efficaci, ma più difficilmente potremo condividere con loro iniziative di lotta eclatanti quali quelle che caratterizzano la nostra prassi politica nonviolenta (come digiunare o farci denunciare, arrestare, incatenare …).
Insomma non mi pare che possiamo pretendere da Bruno Tabacci di salire a bordo della Open Arms ma certamente +Europa sosterrà, con altre e diverse azioni, l’iniziativa “Welcoming Europe”; del resto anche per questo occorrono, appunto, due partiti e due tessere, ed è indispensabile che RI – con tutta la storia e la prassi radicali – resti integra e si mantenga libera di agire nello scenario politico.